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La Pesca del Corallo


COME SI PESCA IL CORALLO
Fonte : Edizioni vesuvioweb
 
All’inizio (stiamo parlando di 2000 anni fa) la pesca del corallo era solo un caso fortuito. Era una pesca occasionale, causata dal fatto che alcuni rami di corallo restavano impigliati nelle reti dei pescatori.
Se quei pescatori non avessero dato importanza a quei rametti, se li avessero  invece  buttati  di  nuovo  a  mare  e  non  li  avessero  raccolti  e conservati con cura, probabilmente oggi non ci sarebbe il corallo. 
Invece, avviene che presto il corallo assuma un valore notevole – in Asia – come moneta di scambio. Questo è testimoniato da Marco Polo, grande viaggiatore veneziano del 1200, il quale portava con sé  nei numerosi viaggi che faceva in Cina, anche il corallo grezzo che barattava con sete, profumi etc.
Circa i metodi di pesca, vedremo che, sia pure con qualche differenza, questi sono molto simili sia nel Mediterraneo che nel Pacifico.Cambiano solo in questi ultimi anni, legati come sono alle diverse tecnologie e  soprattutto  alla diversa morfologia del corallo.
Partiamo dal Mediterraneo. Il metodo di pesca del corallo, fino ai primi del ‘900, non cambia: viene usato “l’ingegno” vale a dire due grosse assi di legno disposte a croce,da cui pendono grappoli di reti. L’ingegno veniva calato in mare dalla barca e tirato su e giù. Questo movimento, sommato al movimento della barca, faceva sì che i rami presenti sugli scogli restassero impigliati alle reti e strappati via dagli scogli.
Col passare degli anni (siamo alla metà del ‘900) le barche diventano più grandi, perdono le vele e acquistano il motore. Questo consente di spingersi più lontano dalla riva e di pescare più a lungo. L’ingegno viene modificato: non più due assi di legno disposti a croce, ma un unico grande asse  prima di legno e poi di acciaio  cui vengono attaccati pezzi di reti.

Questo asse viene calato in mare sul banco corallino e trascinato dalla barca. Il rapido movimento strappa dalla roccia tutti i rami di corallo che incontra.
Oggi questa pesca non viene più praticata ed è stata sostituita dalla pesca fatta da pescatori sub, con grande sollievo di quanti – noi corallari in primis – hanno caro che l’habitat naturale del mare resti integro e ben protetto.La pesca fatta dai sub è sicuramente più selettiva in quanto il pescatore, una volta individuato lo scoglio sul quale è presente il corallo, è in grado di raccogliere solo i rami più grandi, conservando i più piccoli per gli anni a venire.

Del resto, di quelli piccoli non saprebbe cosa farsene in quanto non vengono utilizzati, se non in minima parte, nella lavorazione. Esiste, naturalmente, l’altra faccia della medaglia: il mestiere del sub è indubbiamente pericoloso.Ai 15/20 minuti di pesca sul fondo corrispondono tre, quattro ore da passare in ammollo per la decompressione. Il che significa otto ore in mare per ottenere mezz’ora di pesca. A questa si aggiunga che il corallo comincia a scarseggiare nelle aree in cui era tradizionalmente presente.
Un sub per fare una raccolta decente deve scendere, in tali zone, ad oltre 100 metri!

Abbiamo parlato, sinora, della pesca del “Corallium Rubrum” fatta nel Mediterraneo ma all'altro capo del mondo  i Giapponesi prima ed i Cinesi poi per la pesca del corallo in quelle aree presentava problematiche completamente diverse. Intanto, si pesca in Oceano, a profondità maggiori che nel Mediterraneo. Le acque dell’Oceano sono infide, pericolose, battute da tifoni in un paio di periodi dell’anno. Vanno affrontate, queste acque, con barche ben più grandi e robuste delle coralline.
Sono navi vere e proprie da oceano, quelle che vanno a pesca di corallo. Al posto dell’ingegno, usano calare in acqua dei grossi sassi tondi,attaccati ad una corda, da cui pendono grappoli di reti e legacci in ordine sparso. Sono queste reti che – trascinate sul fondo strappano via il corallo dagli scogli.Le qualità che vengono raccolte nel Pacifico sono il SATSUMA (color salmone) il MISS o MISU (colore bianco/rosato) il DEEP SEA (colore rosa carico con molte macchie bianche). Quest’ultima qualità merita la nostra attenzione: il nome stesso, MARE PROFONDO, ci dice che viene pescato, pensate un po’, dai 1000 ai 2000 metri di profondità, nelle Hawaji.